dimore del tempo

Avatar Mirko Molinari

§ costruire una narrazione visiva restando immobile, osservando il mondo che si svela attraverso ogni mezzo con cui posso scattare!


una breve narrazione visiva sul silenzio che abita i paesaggi dimenticati, sospesi tra il passaggio della luce e il respiro lento delle stagioni.

queste immagini non raccontano un luogo, ma una condizione dell’anima: quella che si rivela nel vuoto, nella quiete, nella forma spoglia del tempo che osserva, immobile.

“il custode del crinale”

resta, con le radici esposte al vento e le braccia nude al cielo,

un albero che non chiede nulla, ma tutto conserva.

“luce che cammina”

tra le pieghe antiche della terra,

una carezza di luce apre sentieri invisibili.

“l’attesa delle alture”

le nuvole parlano la lingua delle montagne.

e nel loro lento andare, si compie il tempo.


nel silenzio dei paesaggi montani, il tempo abita ogni cosa.

questa serie fotografica è un’indagine visiva e poetica sull’impronta del tempo nella natura e sul suo dialogo con lo spazio.

le nubi basse si insinuano tra i rilievi, come pensieri che sfiorano la terra: nascondono e rivelano, avvolgono e scolpiscono.

gli alberi isolati, i crinali coperti dalla nebbia, i sentieri che scompaiono alla vista: ogni immagine è una dimora in cui il tempo si posa, scava, trasforma.

dove abitano le nuvole”

nel respiro del bosco, il cielo si posa.

la nebbia non nasconde, ma sussurra

il passo lento del giorno che cambia.

“il valico del silenzio”

tra i fianchi della montagna

il sentiero attende chi ascolta,

e le nubi parlano con voce di pietra.

“presenze invisibili

nel cuore della valle, un cavallo e un mulo

custodiscono l’ora sospesa,

come guardiani di un tempo che non ha nome.


nel silenzio dei paesaggi montani, il tempo abita ogni cosa.

questa serie fotografica è un’indagine visiva e poetica sull’impronta del tempo nella natura e sul suo dialogo con lo spazio. Gli alberi isolati, le creste modellate dal vento, i sentieri serpeggianti: ogni immagine è una dimora in cui il tempo si posa, scava, trasforma.

con l’aggiunta dello sguardo aereo, la narrazione si eleva: le curve si fanno simboli, le vette diventano architetture del respiro e della memoria.

“la cattedrale dei silenzi

sorgono come navate le creste nude,

scavate da neve e pensieri antichi.

qui il cielo è un soffitto che sa ascoltare.

il passo del tempo

un sentiero si allunga nella solitudine,

curvo come una domanda rimasta sospesa

tra la montagna e chi l’ha attraversata.

geometrie interiori

dall’alto la strada diventa un pensiero,

che si arrotola su se stesso

per cercare un senso tra i vuoti della terra.



in questa declinazione della serie “dimore del tempo”, il tempo si manifesta attraverso rovine, segni e architetture abbandonate, ma lo fa emergendo da una memoria quasi in bianco e nero.

l’uso selettivo del colore isola gli oggetti dal loro contesto, come se fossero emersi da un sogno o da un ricordo sbiadito in cui solo alcuni dettagli resistono all’oblio.

ogni elemento colorato è un residuo emotivo, un testimone della presenza umana che il tempo non ha ancora cancellato del tutto.

in questo spazio sospeso, la fotografia diventa atto archeologico: non si documenta il presente, ma ciò che resiste al passare degli anni, scolorito ma ancora vivo.

“divieto”

il tempo non arresta il divieto,

ma arrugginisce la volontà che l’ha imposto.

memoria verticale

le lettere scolpite raccontano una storia

che non sappiamo più leggere.

la casa che non c’è

colori accesi su finestre cieche:

la vita è altrove, ma l’eco resta.


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